Come è fatto il display dei Google Glass

googleglassIl 2014 sarà l’anno di uscita dei Google Glass, gli occhiali da indossare per la realtà aumentata. Si chiama Hmd (Head Mounted Display) il sistema di visualizzazione alla base di tutto che si poggia sull’ occhio. E’ il cuore dei Google Glass. Ma come è fatto? Quali sono le caratteristiche del display? Iniziamo col dire che un Hmd ideale per il mercato consumer dovrebbe essere piccolo, leggero ed esteticamente gradevole, dovrebbe coprire un ampio campo di visione Fov (Field of View), produrre immagini dettagliate, ben visibili anche all’aperto.

Gli occhi hanno un orizzontale un campo visivo di 150 gradi ed in verticale di 120 ,quindi idealmente un Hmd dovrebbe avere un Fov più o meno di questi valori o comunque più ampio possibile. Per quanto riguarda la risoluzione, una persona con una acuità visiva standard è in grado di vedere un dettaglio grande un millimetro alla distanza di sei metri circa (pari a un minuto d’arco, 60 minuti d’arco equivalgono a un grado). Questa acuità vale solo per la fovea, un’area circolare nella retina situata in modo da essere al centro del nostro campo visivo; nelle altre zone e soprattutto alla periferia del campo di visione la capacità di vedere i dettagli più fini diminuisce notevolmente.

Un Hmd con un Fov pari a 70° e una risoluzione di 1.024 x 768 punti mostra pixel ampi 4 minuti d’arco, quindi chiaramente visibili. In questo caso l’utente noterà la griglia dei pixel e le linee oblique molto scalettate. Importante è anche la dimensione dell’immagine prodotta in corrispondenza della pupilla, che a seconda della luce ambientale ha un diametro tra 2 e 8 millimetri. Poiché l’occhio si muove continuamente, è meglio che l’immagine prodotta dall’Hmd sia ampia 15 – 17 millimetri, così l’utente non perde la visibilità dei dati generati dall’Hmd se sposta leggermente lo sguardo. Infine, l’Hmd non dovrebbe essere troppo vicino all’occhio, sia per motivi si sicurezza fisica sia per lasciare spazio a eventuali lenti correttive. Il minimo è considerato pari a 17 millimetri, ma è buona norma non scendere sotto i 23 millimetri.

Cercare di soddisfare tutte le caratteristiche che abbiamo appena visto è oggi praticamente impossibile, di conseguenza i progettisti di Google hanno dovuto decidere quali erano i parametri più importanti e quali potevano essere sacrificati. Per quanto riguarda il campo di visione i Google Glass hanno un Fov di appena 14 gradi, decisamente limitato quindi, ma che ha permesso di impiegare un apparato ottico piccolo e leggero, assai poco invasivo sia come estetica sia come praticità. Anche la
risoluzione, pari a 640 x 360 pixel, è limitata, ma comunque adeguata al Fov, dato che con semplici conti si vede che ogni pixel è ampio 1,3 minuti d’arco, quindi di poco superiore al valore standard di acuità visiva.

La distanza di Glass dall’occhio non crea problemi, dato che consente l’uso di occhiali correttivi e da sole, questi ultimi molto utili per attenuare la luce all’aperto e migliorare di molto la leggibilità dei simboli generati dall’Hmd.

Dal punto di vista costruttivo, Google Glass impiega un display Lcos, un pannello a cristalli liquidi steso su un substrato di silicio lucidato a specchio. La sorgente luminosa è un set di led Rgb che si accendono in rapida sequenza uno dopo l’altro, mentre l’immagine formata sul display cambia in sincrono. Questo funzionamento a colori alternati  permette di evitare di ricorrere a pixel formati da tre subpixel come nei comuni pannelli Lcd, una bella semplificazione quando si ha a che fare con display con diagonale intorno al centimetro come quello implementato nei Google Glass.

La frequenza di cambio di colore è naturalmente elevata, tale da ridurre al minimo lo sfarfallio cromatico (effetto rainbow) percepibile dall’utente. La luce parte quindi dai led, posti di fronte al pannello Lcos, e incontra subito uno specchio polarizzatore semitrasparente (Pbs, Polarizing Beam Splitter) a 45°, che la polarizza e ne lascia passare una parte verso l’Lcos. Qui, a seconda dello stato di attivazione dei cristalli liquidi, la luce cambia piano di polarizzazione oppure rimane inalterata, poi viene riflessa dal silicio a specchio di nuovo verso il Pbs.

La luce il cui piano di polarizzazione è stato ruotato di 90° dai cristalli liquidi attivati (pixel luminoso o “acceso”) viene riflessa di 90° dal Pbs e continua verso l’occhio. Le onde luminose che invece non sono state modificate dai cristalli liquidi in stato di riposo (pixel nero o “spento”) attraversano indisturbate il Pbs e tornano ai led. L’elemento ottico che la luce, riflessa dal Pbs, incontra successivamente è un semplice specchio semi riflettente a 45°, che la lascia passare indisturbata
in modo da raggiungere uno specchio curvo in fondo al percorso ottico. Questo specchio curvo svolge un compito fondamentale: funziona da collimatore, ovvero rende paralleli i raggi di luce in modo che l’utente veda l’immagine virtuale fluttuare a una distanza tale da poterla mettere a fuoco senza sforzo. In Google Glass l’immagine appare a una distanza di 2,4 metri, grande 25”. Dopo essere rimbalzata sullo specchio curvo, la luce colpisce di nuovo lo specchio semi riflettente, viene deviata di 90° e arriva finalmente all’occhio, insieme alla luce proveniente dall’esterno che ha attraversato inalterata lo specchio semitrasparente a 45°.

(Visited 69 times, 1 visits today)
Precedente Recensione Sound Blaster ZXR Successivo Differenza e Caratteristiche tra SSC SMM e SSD